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1981: Fabrizio De André (Indiano)











1 - Quello che non ho - 5:51
2 - Canto del servo pastore - 3:13
3 - Fiume Sand Creek - 5:37
4 - Ave Maria (Rielaborazione di un canto popolare sardo; traduzione di Fabrizio De André/Albino Puddu) - 5:30
5 - Hotel Supramonte - 4:32
6 - Franziska - 5:30
7 - Se ti tagliassero a pezzetti - 5:00
8 - Verdi pascoli - 5:18

Testi e musiche: Fabrizio De André e Massimo Bubola, tranne ove diversamente indicato

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il mio romanzo

Una vita e mezza
Una Vita e Mezza è un libro che parla soprattutto dell’assenza. O meglio della ricerca, tanto demotivata quanto inconsapevole, di come si può costruire una ciambella salvagente intorno a quel buco che ti si crea dentro quando perdi una persona. Cosicché quel buco, che risucchiava tutto il presente privandolo di senso, possa trasformarsi nel nostro galleggiante. E addirittura salvarci, traghettandoci verso il futuro.
È la storia di un viaggio, metaforico quanto reale, di un ragazzo che è stufo del suo galleggiare, ma che non sa dare una scossa alla propria esistenza. Così parte fidandosi e affidandosi al suo amico, sperando che qualcosa di imprevisto lo colga per assaporare un po’ di brivido della vita.
Riuscirà a trasformare il suo futuro innamorandosene anziché rimanendone schiacciato e afflitto?
Se c’è un’intenzione mirata in tutto ciò, è la creazione del neologismo che indica il dolore per il futuro mancante, la mellontalgia. In contrapposizione con la nostalgia, che indica l’afflizione per il ritorno a casa (nostos), per il passato, per l’infanzia, questa è l’afflizione per to mellon cioè l’avvenire o le cose future, in greco antico. Vuole indicare un dolore attribuito al futuro negato e non vissuto. A ciò che poteva essere e invece non sarà mai. Chissà se se ne sentiva la mancanza.