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A dumenega


Quando alla domenica fanno il giro
cappellino nuovo nuovo il vestito
con la madama la madama in testa
cazzo che festa cazzo che festa
e tutti dietro alla processione
della Teresina del Teresone
tutti a guardare le figlie del diavolo
che cazzo di lavoro che cazzo di lavoro
e a questo dondolare di cosce e di tette
gli fanno il chiasso anche i più piccoli
mamma mamma dammi i soldi
voglio andare a casino voglio andare a casino
e più si addentrano nella città
più occhi e voci gli danno dietro
gli dicono quello che non possono dire
di giovedì di sabato e di lunedì
a Pianderlino succhia cazzi
alla Foce cosce da schiaccianoci
in Carignano fighe di terza mano
e a Ponticello gli mostrano l'uccello
e il direttore del porto che ci vede l'oro
in quelle chiappe a riposo dal lavoro
per non fare vedere che è contento
che il molo nuovo ha il finanziamento
si confonde nella confusione
con l'occhio pieno di indignazione
e gli grida gli grida dietro
bagasce siete e ci restate
e tu che gli sbraiti appreso
neanche più il naso avete di nuovo
brutto stronzo di un portatore di Cristo
non sei l'unico che se ne è accorto
che in mezzo a quelle creature
che si guadagnano il pane da nude
c'è c'è c'è c'è
c'è anche tua moglie
a Pianderlino succhia cazzi
alla Foce cosce da schiaccianoci
in Carignano fighe di terza mano
e a Ponticello gli mostrano l'uccello

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il mio romanzo

Una vita e mezza
Una Vita e Mezza è un libro che parla soprattutto dell’assenza. O meglio della ricerca, tanto demotivata quanto inconsapevole, di come si può costruire una ciambella salvagente intorno a quel buco che ti si crea dentro quando perdi una persona. Cosicché quel buco, che risucchiava tutto il presente privandolo di senso, possa trasformarsi nel nostro galleggiante. E addirittura salvarci, traghettandoci verso il futuro.
È la storia di un viaggio, metaforico quanto reale, di un ragazzo che è stufo del suo galleggiare, ma che non sa dare una scossa alla propria esistenza. Così parte fidandosi e affidandosi al suo amico, sperando che qualcosa di imprevisto lo colga per assaporare un po’ di brivido della vita.
Riuscirà a trasformare il suo futuro innamorandosene anziché rimanendone schiacciato e afflitto?
Se c’è un’intenzione mirata in tutto ciò, è la creazione del neologismo che indica il dolore per il futuro mancante, la mellontalgia. In contrapposizione con la nostalgia, che indica l’afflizione per il ritorno a casa (nostos), per il passato, per l’infanzia, questa è l’afflizione per to mellon cioè l’avvenire o le cose future, in greco antico. Vuole indicare un dolore attribuito al futuro negato e non vissuto. A ciò che poteva essere e invece non sarà mai. Chissà se se ne sentiva la mancanza.