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Dolcenera



Innanzitutto ricordiamo quanto detto dallo stesso De André in un concerto a Treviglio (24/3/1997). Io punterò più sull'alluvione e l'amore, tralasciano il parallelismo col potere.
"Questo del protagonista di Dolcenera è un curioso tipo di solitudine. È la solitudine dell'innamorato, soprattutto se non corrisposto. Gli piglia una sorta di sogno paranoico, per cui cancella qualsiasi cosa possa frapporsi fra se stesso e l'oggetto del desiderio. È una storia parallela: da una parte c'è l'alluvione che ha sommerso Genova nel '72, dall'altra c'è questo matto innamorato che aspetta una donna. Ed è talmente avventato in questo suo sogno che ne rimuove addirittura l'assenza, perché lei, in effetti, non arriva. Lui è convinto di farci l'amore, ma lei è con l'acqua alla gola. Questo tipo di sogno, purtroppo, è molto simile a quello del tiranno, che cerca di rimuovere ogni ostacolo che si oppone all'esercizio del proprio potere assoluto."


Amìala ch'â l'arìa amìa cum'â l'é
amiala cum'â l'aria ch'â l'è lê ch'â l'è lê
amiala cum'â l'aria amìa amia cum'â l'è
amiala ch'â l'arìa amia ch'â l'è lê ch'â l'è lê

Guardala che arriva guarda com'è com'è
guardala come arriva guarda che è lei che è lei
guardala come arriva guarda guarda com'è
guardala che arriva che è lei che è lei
[parla chiaramente dell'acqua fangosa che vien giù dalla montagna]

nera che porta via che porta via la via
nera che non si vedeva da una vita intera così Dolcenera nera
nera che picchia forte che butta giù le porte

considerando che è a tutti chiaro, anche in base a quanto dichiarato dallo stesso DeAndré, che si sta parlando dell'alluvione del '72 di Genova, "nera" è la fiumara di fango che viene giù dalla montagna, che si porta via anche la via, la strada. Nera così, non si vedeva da una vita! una valanga di fango che nel suo impeto abbatte i portoni delle case. Ma Dolcenera è anche il nome di lei.

nu l'è l'aegua ch'à fá baggiá
imbaggiâ imbaggiâ

Non è l'acqua che fa sbadigliare [quella melanconica e romantica dell'acquazzone che ci fa stare chiusi in casa ad aspettare dietro al vetro che finisca]
(ma) chiudere porte e finestre, chiudere porte e finestre

nera di malasorte che ammazza e passa oltre
nera come la sfortuna che si fa la tana dove non c'è luna luna
nera di falde amare che passano le bare

nera come la sfiga, che ti travolge e ammazza mentre sei a passeggio senza lasciarti il tempo di metterti al riparo sicuro, perché è quella jella nera che ti si accanisce e ti porta via tutto. La sfortuna potrebbe essere trovarsi in cantina e fare quella che viene chiamata "la fine del sorcio" ovvero rimanere intrappolato nella tana senza via d'uscita: una tana senza luna, che non vede il sole... la cantina dalla quale non si riesce ad uscire perché l'acqua arriva in fretta e violenta. L'acqua nera che ti lascia l'amaro in bocca mentre sfilano le bare: perché la maggior parte dei morti che lascia un alluvione, sono incidenti e sfortune. Anche la sfortuna di trovarsi al posto sbagliato...

âtru da stramûâ
â nu n'á â nu n'á

Altro da traslocare
non ne ha non ne ha
[in riferimento alla bara che passa: ormai tutto è distrutto e non ha cose da traslocare che sé stesso verso il cimitero]

ma la moglie di Anselmo non lo deve sapere
ché è venuta per me
è arrivata da un'ora
e l'amore ha l'amore come solo argomento
e il tumulto del cielo ha sbagliato momento

la moglie di Anselmo è l'amante, probabilmente la bella donna del paese. Non ha un nome, forse è la moglie di conoscente o di un personaggio pubblico, come dire la moglie del farmacista, la moglie dell'avvocato, la moglie del segretario del tuo partito :) Ma evidentemente lei non sa che sta arrivando l'alluvione, perché lei sta venendo da me e questo è solo un piccolo tumulto che ha sbagliato momento di arrivare, per lei così innamorata e determinata nel vedermi.

acqua che non si aspetta, altro che benedetta
acqua che porta male sale dalle scale sale senza sale
acqua che spacca il monte che affonda terra e ponte

nessuno si aspettava quest'acqua che è ben altro che benedetta, anzi è una vera jella! acqua che porta male e "sale" di livello ed è "senza sale" ovvero non è di mare, ma acqua che arriva dalla montagna, che col suo fiume impetuoso sembra spaccare il monte, trascina terra con se e distrugge i ponti

nu l'è l'aaegua de 'na rammâ
'n calabà 'n calabà

Non è l'acqua di un colpo di pioggia
(ma) un gran casino un gran casino

ma la moglie di Anselmo sta sognando del mare
quando ingorga gli anfratti si ritira e risale
e il lenzuolo si gonfia sul cavo dell'onda
e la lotta si fa scivolosa e profonda

ma lei che sta venendo da me sta immaginando l'acqua del mare che si infrange sugli scogli e si gonfia in onde grosse come fa un lenzuolo con sotto due amanti che fanno l'amore

amiala cum'â l'aria amìa cum'â l'è cum'â l'è
amiala cum'â l'aria amia ch'â l'è lê ch'â l'è lê

Guardala come arriva guarda com'è com'è
guardala come arriva guarda che è lei che è lei

acqua di spilli fitti dal cielo e dai soffitti
acqua per fotografie per cercare i complici da maledire
acqua che stringe i fianchi tonnara di passanti

pioggia battente che penetra nei solai, l'acqua fotografata da reporter e amatoriali... di quei video che anche oggi vediamo sui telegiornali, i quali a volte immortalano momenti particolari dai quali si riesce ad evincere di chi altro sia la colpa (persona fisica o altro agente) di questa sciagura o di quella morta, oltre che dell'acqua infausta. Acqua che 'stringe ai fianchi' e fa come la tonnara (la rete per pescare i tonni) ma con delle persone, coi passanti.

âtru da camallâ
â nu n'à â nu n'à

Altro da mettersi in spalla
non ne ha non ne ha

oltre il muro dei vetri si risveglia la vita
che si prende per mano
a battaglia finita
come fa questo amore che dall'ansia di perdersi
ha avuto in un giorno la certezza di aversi

dopo il muro dei vetri, intesi secondo me come "i cocci", la gente riesce dalle barricate e si prende per mano, sa dà forza vicendevolmente dopo la tragedia... come fanno i due amanti che avevano paura di perdersi e invece dal gesto di quest'oggi (lei che affronta la traversata di Genova nonostante la pioggia per andare da lui) hanno la certezza di amarsi

acqua che ha fatto sera che adesso si ritira
bassa sfila tra la gente come un innocente che non c'entra niente
fredda come un dolore Dolcenera senza cuore

acqua che ha scurito il cielo, che adesso sta scendendo di livello, sfila via tra la gente come fosse innocente dei danni, sgattaiola inosservata (adesso che così bassa com'è non ci fa caso più nessuno, non fa paura più a nessuno). Ma lascia per strada un lutto per questa nostra storia molto importante...

atru de rebellâ
â nu n'à â nu n'à

Altro da trascinare
non ne ha non ne ha

e la moglie di Anselmo sente l'acqua che scende
dai vestiti incollati da ogni gelo di pelle
nel suo tram scollegato da ogni distanza
nel bel mezzo del tempo che adesso le avanza
così fu quell'amore dal mancato finale
così splendido e vero da potervi ingannare

Lei è sdraiata a terra, l'acqua la scopre piano piano (e dire che la sente è un eufemismo, dato che è ormai morta) e le lascia i vestiti incollati al corpo bagnato e gelido. Il tram su cui stava è stato sommerso e lei è rimasta intrappolata. Forse semplicemente è metafora per dire che niente la collega più a questo mondo, ora che di tempo ne ha troppo (in contrapposizione a prima che non poteva aspettare e che ha preferito non aspettare che passasse il piccolo "tumulto del cielo", pensando scioccamente che fosse il cielo ad aver sbagliato momento e che non l'avrebbe fermata). Così FU quell'amore (questi ultimi due versi sembrano un epitaffio dell'amore) dal mancato finale, non consumato, così splendido e vero, puro, forte, che sfida la morte, da sembrare possibile! Ma lei stava davvero andando da lui e lui ha immaginato tutto? 

Amìala ch'â l'arìa amìa cum'â l'é
amiala cum'â l'aria ch'â l'è lê ch'â l'è lê
amiala cum'â l'aria amìa amia cum'â l'è
amiala ch'â l'arìa amia ch'â l'è lê ch'â l'è lê

Guardala che arriva guarda com'è com'è
guardala come arriva guarda che è lei che è lei
guardala come arriva guarda guarda com'è
guardala che arriva che è lei che è lei


Su questo finale sembra quasi che il coro stia parlando a lui, dicendogli di guardare ancora, che presto arriverà, che sta arrivando da lui, che è sopravvissuta al temporale...
L'idea che ci siano una serie di voci spettatrici della vicenda, dell'alluvione che sopraggiunge per sventura sopra di lei che viaggia in tram verso lui, rende la canzone unica nel suo genere. Questo coro che assiste e mette in guardia e descrive la valanga di fango che travolge la città è una cosa meravigliosa, un controcanto che la rende molto simile ad una tragedia greca...



* * * *

"Può anche esistere uno stato di isolamento, di autoemarginazione involontariamente vissuti o volontariamente desiderati a seconda della lettura che si vuol fare di Dolcenera: in ognuno dei due casi l'innamorato e il tiranno (quando Dolcenera voglia essere intesa come metafora del potere) escludono ogni cosa che non si accordi alla loro passione, vivono in un sogno paranoico che elimina l'"altro", lo fanno apparire o scomparire secondo i misteriosi percorsi della propria follia, chiunque o qualunque cosa sia (la moglie di Anselmo o l'alluvione di Genova nel 1972). Quando l'"altro" è considerato come possibile ostacolo al conseguimento del proprio fine, viene rimosso. Perfino il "tumulto del cielo" o lo straripare di un torrente "sbagliano momento", e l'amore, che non può arrivare all'appuntamento perché coinvolto nello spettacolo dei vivi che si aiutano nella difficoltà del momento, viene vissuto come presenza reale, rimuovendone l'assenza. La solitudine o meglio l'autoemarginazione del protagonista di Dolcenera è in apparenza la più difficile da sostenere come sinonimo di libertà, eppure è opinione, non solo di chi scrive, che l'apice della libertà stessa sia raggiungibile proprio attraverso la follia e ciò al di là di ogni valutazione di natura etica."
[In Doriano Fasoli, Fabrizio De André. Passaggi di tempo, p. 75]


* * * *

"Durante l'alluvione di Genova dell'ottobre 1972 si consuma un immaginario amore fra il protagonista e la moglie di un non meglio precisato Anselmo. Un coro fa da sfondo alla vicenda. Si esprime in genovese, con esclamazioni di stupore e allarme riferite alla pioggia ("amìala ch'â l'aria, amìa cum'â l'è, cum'â l'è"). La voce solista descrive il fenomeno atmosferico trasfigurandolo in una simbologia di sfortuna nera che non permette alla donna di raggiungere il protagonista.
Musicalmente si notano la linea melodica ossessiva e martellante, riservata al coro, e i raccordi strumentali, riservati alla fisarmonica, che a tratti ricordano il refrain di Don Raffae'."
[Matteo Borsani - Luca Maciacchini, Anima salva, p. 160]



grazie allo stimolo ricevuto da Fulvio Bertolino portavoce e cantante di una cover band ferrarese di De André per affrontare questa canzone :)

21 commenti:

Mauro Gaggiotti ha detto...

Esegesi interessante, a cui se possibile vorrei contribuire con alcune precisazioni:
a) la Grande Alluvione di Genova è dell'ottobre del 1970, e mi dispiace se i testi citati riportano l'errore. Non solo il fatto è ampiamente documentato http://goo.gl/nYEDq ma io ne sono stato anche, a 11 anni, testimone diretto.
b) altra cosa documentabile in rete è la dismissione dell'utilizzo dei tram a Genova alla fine del 1966. Ovviamente le rotaie sono rimaste ancora per qualche anno prima di essere progressivamente rimosse e/o asfaltate, mentre gli ultimi tram presenti in rimessa sono stati demoliti nel 1971. L'uso del termine tram è quindi presumibilmente dovuto a necessità di metrica o proprio come segno del ricordo della loro, da molti ritenuta inopportuna, dismissione (scollegato)
c) "acqua che spacca il monte che affonda terra e ponte" In Valbisagno, in particolare, oltre ai numerosi e significativi episodi franosi, c'è da ricordare l'impeto con cui questa miscela di fango e pietre ha traboccato lungo tutto il percorso, ed in particolare ha invaso con violenza, per forza centrifuga, le zone a valle delle anse principali del torrente nella sua sede piana, tra cui l'area di Molassana dopo l'ansa del Fullo e l'area di Staglieno in corrispondenza della curva dello stesso. Infine, l'urto con il ponte (spesso e resistente, e più elevato degli altri) della stazione Brignole, che lo ha fatto tracimare violentemente nell'area di Borgo dei Incrociati, un piccolo pezzo di centro storico distaccato da quello più noto della zona portuale. Proprio qui, l'onda d'urto della piena ha divelto, distruggendola (affondandola), una parte dello storico ponte medioevale che collegava Borgo Incrociati con Terralba.

Mauro Gaggiotti
Genova

Anonimo ha detto...

Volevo solo dire che non si tratta di alcun Tram bensì di TRANCE (detto "Trans" cioè stato catalettico con cui Faber identifica la morte irrimediabile della "moglie di Anselmo"). Vi prego di riascoltare il brano lo si intuisce subito. Ciao a tutti, Francesco.

Marco Lucci ha detto...

@l'anonimo
ogni testo che è reperibile di questa canzone, riporta la dicitura "tram scollegato"

Anonimo ha detto...

Non ti convince più il vocabolo trance scollegato che tram scollegato (???) trascritto per errore (e se ne fanno!) più di una volta, proprio come le notizie passate da orecchio ad orecchio? Fidati, anonimo Francesco ha conosciuto Faber......

Anonimo ha detto...

...ha ragione chi sostiene che il testo della canzone dice trance (pronuncia trans)... sicuro al 1000%...

pid ha detto...

HO sempre interpretato la canzone in maniera diversa,
ho sempre immaginato i due amanti felici per l'incontro (è arrivata da un ora), colti dalla piena mentre facevano l'amore.
La lotta di amore, scivoloso e profonda, viene sovrastata dall'acqua che invade il locale.
e mentre fuori, oltre il muro dei vetri, la vita riprende, in casa i due amanti giacciono insieme, con la certezza di aversi
e la moglie di anselmo, che forse per morale o per paura, non era mai riuscita a lasciare il marito e la famiglia per dare compimento al suo amore, ora ha tutto il tempo per pensare ad un amore di cui non saprà mai il vero finale, perchè come spesso accade agli amanti, si idealizza l'amore clandestino che offre tutto quello che non si ha il coraggio di vivere alla luce del sole, dando la sensazione e l'inganno che sia vero amore

jazztom86 ha detto...

https://www.youtube.com/watch?v=a_QayPOFDfk
effettivamente suona più come "trance" che "tram". Oltretutto "tram" mi sembra anche molto poco poetico.

cheers

Anonimo ha detto...

trance è sostantivo femminile, per cui la frase sarebbe dovuta essere "nella sua trance scollegata da ogni distanza"..

Jacopo ha detto...

Anche a me il passato prossimo "è arrivata" fa pensare ad un incontro avvenuto già. Così come la strofa "ma la moglie di Anselmo sta sognando del mare [...]
e il lenzuolo si gonfia sul cavo dell'onda", mi fa pensare a lei nel letto con lui, sorpresa dal mare di fango.
Oppure "come fa questo amore che dall'ansia di perdersi
ha avuto in un giorno la certezza di aversi"; l'ansia di perdersi a causa della tragedia li ha uniti dando certezza dello stesso amore(l'atto di congiungersi ad ogni costo ne rivela la forza)?
Ultimo: "così fu quell'amore dal mancato finale
così splendido e vero da potervi ingannare". Mancato finale forse rimanda a qualcosa che poteva esserci dopo l'atto amoroso in sé?

Leandrè ha detto...

Ragazzi ma scherziamo? È assolutamente "Tram scollegato"! Ma non lo avete il CD originale con i testi o un qualsiasi libro su De André?
Fra un po' qualcuno scrive " nel suo trans scollegato" sostenendo che Dolcenera sia il seguito di Princesa.....

pid ha detto...

il mancato finale per me è la vita insieme.
quando una coppia clanedestina inizia ad amarsi, sogna una vita insieme, lontana dalle reciproche famiglie, una vita felice, un felice finale per quel amore che nasce da incontri furtivi.
L'amore della canzone non saprà mai se avra il finale sognato perchè la piena lo interrompe prima.

Anonimo ha detto...

Buonasera a tutti.
Molto interessante l'analisi del testo.
Avrei una domanda, che forse non troverà risposta:
Nella presentazione di questa canzone nel concerto del 1997, Fabrizio parla chiaramente di un innamorato NON corrisposto. Eppure dal testo della canzone sembra evidente che la moglie di Anselmo attraversi la città a costo della sua stessa vita proprio per andare da questo innamorato.
Voi come ve lo spiegate?

Buona serata a tutti.

Anonimo ha detto...

be chiaramente e quel che crede nel suo inconscio... che lei stia arrivando ma cosi nn e'...,

Anonimo ha detto...

Io considero la tua interpretazione la mia preferita, quella che mi tocca più il cuore, davvero.

Ma è De Andrè stesso a dire quello che succede, il cantante immagina e basta di averla con lui! La donna di Anselmo non lo corrisponde, probabilmente lei è innamorata del marito e basta!

Anonimo ha detto...

Mi servirebbe un parere, se doveste dare un titolo a questa canzone, a questa poesia, che non sia Dolcenera, come la chiameteste?

Toti ha detto...

Ciao a tutti!

Ho letto tutti i commenti ed entrambe le interpretazioni mi piacciono molto! Però credo sia più attendibile quella dove i due non si incontrano, perchè darebbe un significato a quello che dice Fabrizio De Andrè.

Per il resto, vorrei fare una piccola correzione (mio parere non verità assoluta):

"Acqua che ha fatto sera, che adesso si ritira": Il fare sera non si riferisce alle nuvole che scuriscono il cielo, ma al fatto che si è fatto tardi. Il fare sera è inteso come "è tardi, ritiriamoci", almeno dalle mie parti si usa dire così, e mi sembra molto più plausibile della spiegazione data nel testo in esame.

Complimenti comunque per questa analisi! La terrò sempre in considerazione!

Toti.

Anonimo ha detto...

Io ho ascoltato oggi per la prima volta questa canzone. E sono andata di impressioni, non sapendo nulla dell'alluvione di Genova.
Cosi tutta quest'acqua l'ho intesa metafora della situazione emotiva di lei -sporca e fangosa (derivante dal senso di colpa del tradimento), che scende incollandosi gelata alla pelle (sensazione di rimorso) eccetera......e poi il fatto che è dolce e nera insieme.....

Anonimo ha detto...

Credo che il riferimento alle bare non sia metaforico ma effettivamente l' alluvione ha disseppellito le bare di Staglieno trascinandole alla Foce.
Max genova

Francesca Greco ha detto...

Concordo col commento sopra. L'alluvione fece parecchi danni al cimitero di Staglieno e diverse bare "scesero" in città trasportate dalle acque. La parte in genovese tradotta con "altro da traslocare non ha" è riferita al fatto che l'acqua ha portato con sé di tutto, persino le bare.

Anonimo ha detto...

Tram è tram, inteso come mezzo di trasporto pubblico, lo dice lo stesso DeAndrè in un suo concerto, durante un parlato in cui spiega Dolcenera.
https://youtu.be/L0eTSnc-PI4

Unknown ha detto...

Mi dispiace rischiare di apparire volgare ma sullo sfondo della narrazione poetica il grande Faber sono sempre più convinto che quando nomina dolce nera in fondo in fondo sotto pelle in seconda lettura si riferisse alla fregna.Su con la vita! Siete piuttosto noiosi.

il mio romanzo

Una vita e mezza
Una Vita e Mezza è un libro che parla soprattutto dell’assenza. O meglio della ricerca, tanto demotivata quanto inconsapevole, di come si può costruire una ciambella salvagente intorno a quel buco che ti si crea dentro quando perdi una persona. Cosicché quel buco, che risucchiava tutto il presente privandolo di senso, possa trasformarsi nel nostro galleggiante. E addirittura salvarci, traghettandoci verso il futuro.
È la storia di un viaggio, metaforico quanto reale, di un ragazzo che è stufo del suo galleggiare, ma che non sa dare una scossa alla propria esistenza. Così parte fidandosi e affidandosi al suo amico, sperando che qualcosa di imprevisto lo colga per assaporare un po’ di brivido della vita.
Riuscirà a trasformare il suo futuro innamorandosene anziché rimanendone schiacciato e afflitto?
Se c’è un’intenzione mirata in tutto ciò, è la creazione del neologismo che indica il dolore per il futuro mancante, la mellontalgia. In contrapposizione con la nostalgia, che indica l’afflizione per il ritorno a casa (nostos), per il passato, per l’infanzia, questa è l’afflizione per to mellon cioè l’avvenire o le cose future, in greco antico. Vuole indicare un dolore attribuito al futuro negato e non vissuto. A ciò che poteva essere e invece non sarà mai. Chissà se se ne sentiva la mancanza.