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Ottocento




La bella descrizione di una famigliola altoborghese: la voce narrante è il babbo di questa famiglia pseudo tardo ottocentesca all'antica e fuori moda, quasi fuori dal tempo. il progresso e il consumismo/capitalismo corrono veloci e impetuose. M'immagino l''industrializzazione da motore a vapore. Di valori borghesi ma di aspirazione nobile, la parodia di un commerciante austoungarico è allo stesso tempo efficacie e divertente. La famiglia di cui parla però è davvero fuori dal tempo, la canzone si incentra su una metafora dei vaolri e non sua una puntualizzazione storica; è quasi astratta su quel punto di vista.

Cantami di questo tempo
l’astio e il malcontento
di chi è sottovento
e non vuol sentir l’odore
di questo motore
che ci porta avanti
quasi tutti quanti
maschi , femmine e cantanti
su un tappeto di contanti
nel cielo blu

nel prologo quest'uomo non vuole altro che capire: perché c'è gente che non apprezza il capitalismo? se il 'motore' è il sistema dell'industria che ci fa campare ricchi e beati a tutti: perchè qualcuno ad oggi depreca questo sistema mettendosi 'sotto vento' (nascondendosi) questa verità ovvia? (nel dire tutti, cita pure i cantanti che come i poeti sono intellettuali contestatori che spesso si considerano fuori dal sistema, sfruttandone invece di fatto le "potenzialità", come la pubblicità, la produzione in serie ecc)


Figlia della mia famiglia
sei la meraviglia
già matura e ancora pura
come la verdura di papà

La figlia femmina, con un carico di valori patriarcali, è figlia della famiglia intera, meraviglia e gioello di tutti, ancora Pura se pure già grande... come la verdura di papà (dell'orto del nonno pensionato, mi fa venire in mente...). La figlia è quasi un oggetto di scambio, una merce, appunto nel puro stile patriarcale, che trova nuova forma nel capitalismo moderno.


Figlio bello e audace
bronzo di Versace
figlio sempre più capace
di giocare in borsa
di stuprare in corsa e tu
moglie dalle larghe maglie
dalle molte voglie
esperta di anticaglie
scatole d’argento ti regalerò
Ottocento, Novecento
Millecinquecento scatole d’argento
fine Settecento ti regalerò

Il figlio maschio invece domina la situazione, come si confa ai maschi benestanti, secondo il modello che il capitalismo gli ha cucito: bello e audace, benvesito, abile negli affari e con lon le donne.
Alla moglie invece che immagino con questi vesitoni scollati, che si riempe di cazzate e compra cose totalmente inutili per saziare le sue voglie e le sue shiccherie, vuole regalare una bella anticaglia senza utilità. Scatole per riporre potenzialmente niente. Non importa cosa debbano contenere e se siano di valore: gliene compra tantissime, una finta anticaglia prodotta anch'essa inserie, sembrerebbe. L'opulenza.


Quanti pezzi di ricambio
quante meraviglie
quanti articoli di scambio
quante belle figlie da sposar
e quante belle valvole e pistoni
fegati e polmoni
e quante belle biglie a rotolar
e quante belle triglie nel mar

Tutto è un pezzo di ricambio, una merce, il corpo paragonato ad una macchina, come a voler parlare anche di ipotetiche plastiche corporee e le quante pesci abboccano a queste cazzate: quante belle triglie nel mare!


Figlio figlio
povero figlio
eri bello bianco e vermiglio
quale intruglio ti ha perduto nel Naviglio
figlio figlio
unico sbaglio
annegato come un coniglio
per ferirmi, pugnalarmi nell’orgoglio
a me a me
che ti trattavo come un figlio
povero me
domani andrà meglio

Questo povero figlio era bello, bianco e vermiglio... è forse morto di morte violenta, annegato dopo qualche rissa con accoltellamento da brava gente ai Navigli? Una morte di così "bassa qualità" in mezzo a gente normale, che sembra gettare un'onta sull'orgoglio familiare. Ma domani è un altro giorno e pure il dolore per la morte di un figlio viene anestetizzato dalla catena di produzione sentimentale.


Ein klein pinzimonie
wunder matrimonie
krauten und erbeeren
und patellen und arsellen
fischen Zanzibar
und einige krapfen
frùer vor schlafen
und erwachen mit walzer
und Alka-Seltzer fùr
dimenticar

Un piccolo pinzimonio
splendido matrimonio
cavoli e fragole
e patelle ed arselle
pescate a Zanzibar
e qualche krapfen
prima di dormire
ed un risveglio con valzer
e un Alka-Seltzer per
dimenticar.

Un po' di cazzi, un matrimonio come cristo comanda, frutta e verdura e cibi di qualità, in atmosfera sempre da signori e un digestivo per dimenticare (anche la morte di un figlio) come se l'ingorgo di sentimenti sia un impiccio da smaltire tanto quanto un'abbuffata di pasto trimalcionico. La vita insomma scorre nella sua finzione altoborghese anestetizzata.


Quanti pezzi di ricambio
quante meraviglie
quanti articoli di scambio
quante belle figlie da sposar
e quante belle valvole e pistoni
fegati e polmoni
e quante belle biglie a rotolar
e quante belle triglie nel mar.

E tutti, come dicevamo prima, abboccano a queste cazzate. E giù con uno iodel, perché lo spettacolo deve continuare... come la produzione.

Questa esegesi non sarebbe mai avventa senza l'aiuto fondamentale di Antonino Ciancia :) grazie mille per lo spunto, la mail e i consigli :)

8 commenti:

Anonimo ha detto...

quale intruglio ti ha perduto nel naviglio.

secondo me l'intruglio è inteso come droga o alcohol.

Anonimo ha detto...

Tutta la parte "figlio figlio.... bianco e vermiglio" è palese ripresa/citazione della lauda Donna de Paradiso di Jacopone da Todi (fine XIII sec.).

Marco ha detto...

Il figlio si suicida buttandosi nel naviglio dopo essersi ubriacato, come reazione emotiva estrema ad una vita piatta e materialista imposta dai dogmi paterni.

Anonimo ha detto...

Anonimo 4 marzo 2016 01:22, scommetto tu invece riesci benissimo! Ma vai in mona!!

Anonimo ha detto...

“O figlio, figlio, figlio,
figlio, amoroso giglio!
Figlio, chi dà consiglio
al cor me’ angustiato?"

"Figlio bianco e vermiglio,
figlio senza simiglio,
figlio, e a ccui m’apiglio?”

Unknown ha detto...

Bravo, ottima esegesi, grazie!

Anonimo ha detto...

Complimenti, ottima esegesi, però manchevole di una ulteriore interpretazione: il PADRE è appunto l'800 come secolo, mentre il FIGLIO di cui il padre piange il fallimento è il secolo successivo: il NOVECENTO, con le sue guerre e tragiche storture che rivelano l'inconsistenza delle illusioni dell'800! Questa è la mia vision: mi piacerebbe un confronto

eL tiZ ha detto...

Ottima intuizione che dà ulteriore forza al titolo.

il mio romanzo

Una vita e mezza
Una Vita e Mezza è un libro che parla soprattutto dell’assenza. O meglio della ricerca, tanto demotivata quanto inconsapevole, di come si può costruire una ciambella salvagente intorno a quel buco che ti si crea dentro quando perdi una persona. Cosicché quel buco, che risucchiava tutto il presente privandolo di senso, possa trasformarsi nel nostro galleggiante. E addirittura salvarci, traghettandoci verso il futuro.
È la storia di un viaggio, metaforico quanto reale, di un ragazzo che è stufo del suo galleggiare, ma che non sa dare una scossa alla propria esistenza. Così parte fidandosi e affidandosi al suo amico, sperando che qualcosa di imprevisto lo colga per assaporare un po’ di brivido della vita.
Riuscirà a trasformare il suo futuro innamorandosene anziché rimanendone schiacciato e afflitto?
Se c’è un’intenzione mirata in tutto ciò, è la creazione del neologismo che indica il dolore per il futuro mancante, la mellontalgia. In contrapposizione con la nostalgia, che indica l’afflizione per il ritorno a casa (nostos), per il passato, per l’infanzia, questa è l’afflizione per to mellon cioè l’avvenire o le cose future, in greco antico. Vuole indicare un dolore attribuito al futuro negato e non vissuto. A ciò che poteva essere e invece non sarà mai. Chissà se se ne sentiva la mancanza.