cerca i commenti ai testi

A - B - C - D - E - F - G - H - I - J - K - L - M - N- O - P - Q - R - S - T - U - V - Z

Terzo Intermezzo





Il "Terzo Intermezzo" è di poco più articolato degli altri due. Accosta la guerra e l'amore e con questo ci fa capire che sta risalendo ai due brani precedenti:

La polvere, il sangue, le mosche e l'odore. 
Per strada fra i campi la gente che muore. 
e tu, tu la chiami guerra e non sai che cos'è
e tu, tu la chiami guerra e non ti spieghi il perché.

L'autunno negli occhi l'estate nel cuore, la voglia di dare l'istinto di avere
e tu, tu lo chiami amore e non sai che cos'è
e tu, tu lo chiami amore e non ti spieghi il perché.

Prima descrive fisicamente la guerra, lo schifo della guerra. Chi parla della guerra, spesso non sa nemmeno sa cosa sia l'orrore della guerra. E non ci si spiega il perché la guerra esista, che sono i motivi ascoltati in Girotondo. La guerra accade perché nessuno fa niente per fermarla e perché si nasce in contesti predatori e violenti. 
Poi parla dell'amore accostandolo nuovamente alle stagioni: non ci parla dell'inverno quando l'amore è distante né della primavera quando ci si avvicina. Parla dell'amore autunnale negli occhi. L'amore decadente, quasi freddo, che guarda all'inverno. Con gli occhi si vive l'amore pensando che finirà, ma con l'estate calda nel cuore che sembra non debba mai più fare freddo. Lo chiami amore ma non sai che è ciclico, non puoi dominarlo, non sai cos'è e non ti spieghi perché nonostante sia destinato a finire nell'inverno, la gente ami lo stesso con tanta estate.





Nessun commento:

il mio romanzo

Una vita e mezza
Una Vita e Mezza è un libro che parla soprattutto dell’assenza. O meglio della ricerca, tanto demotivata quanto inconsapevole, di come si può costruire una ciambella salvagente intorno a quel buco che ti si crea dentro quando perdi una persona. Cosicché quel buco, che risucchiava tutto il presente privandolo di senso, possa trasformarsi nel nostro galleggiante. E addirittura salvarci, traghettandoci verso il futuro.
È la storia di un viaggio, metaforico quanto reale, di un ragazzo che è stufo del suo galleggiare, ma che non sa dare una scossa alla propria esistenza. Così parte fidandosi e affidandosi al suo amico, sperando che qualcosa di imprevisto lo colga per assaporare un po’ di brivido della vita.
Riuscirà a trasformare il suo futuro innamorandosene anziché rimanendone schiacciato e afflitto?
Se c’è un’intenzione mirata in tutto ciò, è la creazione del neologismo che indica il dolore per il futuro mancante, la mellontalgia. In contrapposizione con la nostalgia, che indica l’afflizione per il ritorno a casa (nostos), per il passato, per l’infanzia, questa è l’afflizione per to mellon cioè l’avvenire o le cose future, in greco antico. Vuole indicare un dolore attribuito al futuro negato e non vissuto. A ciò che poteva essere e invece non sarà mai. Chissà se se ne sentiva la mancanza.