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Girotondo




Senza soluzione di continuità musicale rispetto ad Invero, si passa dalla struggente malinconia, a "Girotondo". L'orrore della ciclicità e quindi della vacuità di tutti i nostri sforzi non è solo nella natura e metaforicamente nell'amore, ma proprio in tutta l'umanità.

Se verrà la guerra, Marcondiro'ndero se verrà la guerra, Marcondiro'ndà
sul mare e sulla terra, Marcondiro'ndera sul mare e sulla terra chi ci salverà?
Ci salverà il soldato che non la vorrà ci salverà il soldato che la guerra rifiuterà.
La guerra è già scoppiata, Marcondiro'ndero la guerra è già scoppiata, chi ci aiuterà.
Ci aiuterà il buon Dio, Marcondiro'ndera ci aiuterà il buon Dio, lui ci salverà.
Buon Dio è già scappato, dove non si sa buon Dio se n'è andato, chissà quando ritornerà.
L'aeroplano vola, Marcondiro'ndera l'aeroplano vola, Marcondiro'ndà.
Se getterà la bomba, Marcondiro'ndero se getterà la bomba chi ci salverà?
Ci salva l'aviatore che non lo farà ci salva l'aviatore che la bomba non getterà.
La bomba è già caduta, Marcondiro'ndero la bomba è già caduta, chi la prenderà?
La prenderanno tutti, Marcondiro'ndera siam belli o siam brutti, Marcondiro'ndà
Siam grandi o siam piccini li distruggerà siam furbi o siam cretini li fulminerà.
Ci sono troppe buche, Marcondiro'ndera ci sono troppe buche, chi le riempirà?
Non potremo più giocare al Marcondiro'ndera non potremo più giocare al Marcondiro'ndà.
E voi a divertirvi andate un po' più in là andate a divertirvi dove la guerra non ci sarà.
La guerra è dappertutto, Marcondiro'ndera la terra è tutta un lutto, chi la consolerà?
Ci penseranno gli uomini, le bestie i fiori i boschi e le stagioni con i mille colori.
Di gente, bestie e fiori no, non ce n'è più viventi siam rimasti noi e nulla più.
La terra è tutta nostra, Marcondiro'ndera ne faremo una gran giostra, Marcondiro'ndà.
Abbiam tutta la terra Marcondiro'ndera giocheremo a far la guerra, Marcondiro'ndà...

La guerra è la morte e la distruzione di tutto per eccellenza. I bambini parlano col cantautore domandando. E lui risponde. Nessuno fa niente per fermare la guerra, tutti (il coro di bambini, l'umanità) se ne lamentano, ma chiunque sia nella posizione di poter fare qualcosa per fermarla, semplicemente non la fa. Né il soldato, né Dio, né l'aviatore. E chi consolerà la terra, chiedono i bambini al cantautore? gli uomini, le bestie e i fiori, risponde lui fiducioso. Ma non c'è più niente, dicono loro al cantautore: siamo rimasti solo noi. E adesso possiamo giocare. Giocare a fare la guerra.
Forse perché la guerra è l'unica cosa che questi bambini hanno visto. Il coro dei bambini ubriachi di guerra e di morte, impazziti, è una delle trovate insieme più eccessive e agghiaccianti della storia della canzone italiana. Non c'è alcuna speranza perché l'uomo è nato con la guerra e non può chegiocare a far la guerra. E quei bambini domani saranno i soldati e gli aviatori che non faranno niente per fermare la guerra e cresceranno un'altra generazione con l'esempio della guerra.
Potremmo sostituire alla parola guerra ogni difetto umano, tutta la violenza che esiste. L'uomo cresce nella violenza e genera sempre violenza anche quando si crede un bambino innocente che vuole giocare.
Qui abbiamo il secondo punto di pausa musicale, che racchiude questi brani di ciclicità della morte, delle stagioni-amore, della violenza.






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il mio romanzo

Una vita e mezza
Una Vita e Mezza è un libro che parla soprattutto dell’assenza. O meglio della ricerca, tanto demotivata quanto inconsapevole, di come si può costruire una ciambella salvagente intorno a quel buco che ti si crea dentro quando perdi una persona. Cosicché quel buco, che risucchiava tutto il presente privandolo di senso, possa trasformarsi nel nostro galleggiante. E addirittura salvarci, traghettandoci verso il futuro.
È la storia di un viaggio, metaforico quanto reale, di un ragazzo che è stufo del suo galleggiare, ma che non sa dare una scossa alla propria esistenza. Così parte fidandosi e affidandosi al suo amico, sperando che qualcosa di imprevisto lo colga per assaporare un po’ di brivido della vita.
Riuscirà a trasformare il suo futuro innamorandosene anziché rimanendone schiacciato e afflitto?
Se c’è un’intenzione mirata in tutto ciò, è la creazione del neologismo che indica il dolore per il futuro mancante, la mellontalgia. In contrapposizione con la nostalgia, che indica l’afflizione per il ritorno a casa (nostos), per il passato, per l’infanzia, questa è l’afflizione per to mellon cioè l’avvenire o le cose future, in greco antico. Vuole indicare un dolore attribuito al futuro negato e non vissuto. A ciò che poteva essere e invece non sarà mai. Chissà se se ne sentiva la mancanza.