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Monti di Mola



Sui Monti di Mola
la mattina presto
un’asina dal mantello chiaro stava pascolando

sui Monti di Mola
la mattina presto
un giovane bruno e aitante
stava tagliando rami

e gli occhi si incontrarono mentre cercavano acqua
e l’acqua sgocciolò dai musi insieme alle bave

e l’asina aveva gli occhi
color del mare

e a lui dalle narici usciva
il Maestrale

e lei ragliava incantata ea ea ea ea

lui le rispondeva pronunciando male ae ae ae ae

Oh bella mia
l’asina luna
la bella mia
cuscino di lana

O bella mia
bianca fortuna-

O bello mio
mi bruci gli occhi
il mio bello
carnevale di baci

oh bello mio
mi cuci il cuore –

Amore grande
di prima volta
l’ape ci succhia tutto il miele di questo mirto

amore bambino
di tutte le ore
di muschio il battacchio
di questo cuore

Ma nulla si può fare nulla
in Gallura
che non lo vengono a sapere
in un’ora

e sul posto una brutta vecchia nascosta tra le frasche
piangendo e guardando diceva fra sé con le bave alla bocca

Beata lei
mamma mia che bell’uomo
beata lei
giovane e bruno
beata lei

io muoio sola
beata lei
me lo ricordo bene
beata lei
più d’una volta
beata lei
vecchiaia storta –

Amore grande
di prima volta
l’ape ci succhia tutto il miele di questo mirto

amore bambino
di tutte le ore di muschio il battacchio
di questo cuore

Il paese intero si agghindò
per il matrimonio
lo stesso parroco entrò
nel suo vestito

ma non riuscirono a sposarsi
l’asina e l’uomo
perché ai documenti risultarono
cugini primi

e lei ragliava incantata ea ea ea ea
lui le rispondeva pronunciando male ae ae ae ae.

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il mio romanzo

Una vita e mezza
Una Vita e Mezza è un libro che parla soprattutto dell’assenza. O meglio della ricerca, tanto demotivata quanto inconsapevole, di come si può costruire una ciambella salvagente intorno a quel buco che ti si crea dentro quando perdi una persona. Cosicché quel buco, che risucchiava tutto il presente privandolo di senso, possa trasformarsi nel nostro galleggiante. E addirittura salvarci, traghettandoci verso il futuro.
È la storia di un viaggio, metaforico quanto reale, di un ragazzo che è stufo del suo galleggiare, ma che non sa dare una scossa alla propria esistenza. Così parte fidandosi e affidandosi al suo amico, sperando che qualcosa di imprevisto lo colga per assaporare un po’ di brivido della vita.
Riuscirà a trasformare il suo futuro innamorandosene anziché rimanendone schiacciato e afflitto?
Se c’è un’intenzione mirata in tutto ciò, è la creazione del neologismo che indica il dolore per il futuro mancante, la mellontalgia. In contrapposizione con la nostalgia, che indica l’afflizione per il ritorno a casa (nostos), per il passato, per l’infanzia, questa è l’afflizione per to mellon cioè l’avvenire o le cose future, in greco antico. Vuole indicare un dolore attribuito al futuro negato e non vissuto. A ciò che poteva essere e invece non sarà mai. Chissà se se ne sentiva la mancanza.