cerca i commenti ai testi

A - B - C - D - E - F - G - H - I - J - K - L - M - N- O - P - Q - R - S - T - U - V - Z

Le mie note a margine


Papponi e zingari, contrabbandieri e viados. Sono i personaggi del prossimo disco di De André: "I vinti che amo", spiega a Panorama. Parlandone con un intervistatore molto speciale, assieme al quale ha appena scritto il suo primo romanzo.

Un viado brasiliano, un contadino dell'entroterra genovese, le faide, un'alluvione, una zingara sono fra gli argomenti di Anime salve, forse l'album più atteso nella lunga discografia di Fabrizio De André, che uscirà il 18 settembre. Scritto in collaborazione con Ivano Fossati, arrangiato in modo magistrale insieme a Piero Milesi, racchiude cinque anni di riflessione e di lavoro su quelli che Fabrizio chiama "spiriti liberi", relegati al ruolo di minoranze da una società sempre più omogenea e normalizzata. E ogni canzoni sembra un mondo a sé, grazie anche all'inserimento di sonorità etniche e strumenti della musica popolare mirabilmente integrati con l'orchestra.
L'attività di Fabrizio non si ferma qui: negli ultimi sei mesi abbiamo scritto a quattro mani un romanzo che uscirà in novembre per Einaudi, dal titolo Un destino ridicolo. Ecco in sintesi il metodo di lavoro: quattro mesi di preparazione della trama e quattro mesi di scrittura, io la mattina, Fabrizio la notte (abbiamo bioritmi differenti) e insieme, il pomeriggio, la revisione. L'idea era arrivata improvvisamente, un giorno dello scorso inverno, quando ci siamo ricordati di esserci già incontrati, vent'anni fa, e di due nostri amici che si conoscevano e insieme avevano tentato un grosso colpo andato male: un pappone genovese e un contrabbandiere marsigliese. Amici a loro volta della ragazza che sarebbe poi diventata Bocca di rosa nella canzone eponima. Eroi sconfitti, personaggi che inseguono invano la gloria, il sogno, o una donna. Gli stessi che popolano Anime salve.

Domanda - "È come se l'invidivuo, il caso degno di nota, si potesse ormai trovare soltanto nelle minoranze...".

Risposta - "Il meglio di una cultura, se ci fai caso, viene sollecitato da persone che si trovano in minoranza e che proprio per i loro doni vengono emarginate e all'occorrenza perseguitate. Un esempio classico sono gli individui che nascono con caratteristiche esteriori appartenenti a un sesso che non corrisponde alla loro identità profonda. Ne parlo nella canzone Prinçesa, che ho attinto da uno splendido, breve romanzo di Maurizio Jannelli e Fernada Farias, in effetti una biografia".

"Nella musica di Prinçesa infatti ci sono improvvise, brevi variazioni che danno l'idea di un doppiofondo, di un "a parte", che viene temporaneamente recuperato con il ritorno della strofa e nel finale si risolve in un bellissimo canto festivo con una ritmica nordestina, una variazione rispetto al samba classico. In questa specie di carnevale sonoro, poi, hai inserito un elenco di parole portoghesi, una successione di scene".

"È il riepilogo dei passaggi fondamentali della vita della protagonista, un elenco di gioie e sfortune incontrata nelle tappe delle sue varie metamorfosi: da bambino si trova ad assumere comportamenti femminili, poi da femmina malriuscita corre all'incanto dei desideri, tentando prima con mezzi chimici e in seguito attraverso una vertigine di anestesia chirurgica di assomigliarsi, di corrispondere a un profondo desiderio che la vuole donna. Per mantenersi esercita la professione più antica del mondo, finché per volere del destino si trasforma ancora, e per l'ultima volta, da prostituta nell'amante ufficiale di un avvocato. Questa è l'ultima metamorfosi; la musica, grazie anche e soprattutto a Ivano Fossati, accompagna questa evoluzione passando da tonalità maggiori a minori e sottolineando in quel martellare di cembali il miraggio della felicità, fino a ritornare all'infanzia brasiliana".

"Anche Smisurata preghiera, la canzone che chiude l'album e ne è la sintesi, è una specie di salmo di invocazione e di imprecazione sulle minoranze. Ed è costruita a partire da testi di Alvaro Mutis, che in una intervista televisiva ha dichiarato che occorre un talento straordinario per sintetizzare un'intera opera in una sola canzone".

"Sì, me l'ha detto anche a tavola. Gli ho risposto che dai suoi scritti si possono ricavare centinaia di canzoni. E lui ha replicato: "'Bene. Allora, cosa aspetti?'".

"Il tuo elogio delle minoranze presuppone una critica alla nostra società dei luoghi comuni. Quale aspetto di essa ti pare più inumano?".

"Il fatto che gli uomini valgono meno delle monete. Infatti il mercato del denaro è libero: schiacci un pulsante e trasporti patacas da Macao a Madrid, ne schiacci un altro e le obbligazioni della Repubblica ceca finiscono a New York. Gli uomini no: prima di presentarsi ai punti d'imbarco e sbarco devono attraversare oceani di folla e di carte bollate. Va già bene che non abbiano ancora istituito il marchio a fuoco. Ma chi la produce, questa ricchezza? Gli uomini, che purtroppo da questo punto di vista si dividono ancora in due categorie: quelli che del denaro approfittano, e quelli che devono rimanere fermi e controllati".

"Allora c'è anche la categoria di quelli che controllano".

"Infatti. Pasolini si chiedeva stupito che cosa poteva spingere certe persone ad assumersi l'incarico di occuparsi dell'amministrazione dei propri simili. E si rispondeva dopo aver capito che insieme all'amministrazione queste persone elette dal consenso popolare esercitavano il potere. Assunto il quale, per quasi tutti coloro che erano assurti a tali vertiginose cariche, l'esperto amministrativo diventava inesorabilmente un quotidiano fastidio".

"Tu ne conosci?".

"Guarda, li incontri già a scuola. Raramente sono i primi della classe, ma del primo della classe sono untuosi amici. Hanno sempre la mano alzata, per farsi notare o per fare la spia. Si scrivono le risposte sulle mani, sono ignoranti e superficiali ma mai impacciati, dal primo giorno di scuola li vedi già seduti nei primi banchi a guardare con timorosa, solerte attenzione i professori, quasi per mettere in chiaro che, se di complicità si deve trattare, ne faranno partecipi gli insegnanti, non certo i compagni".

"E rispetto a loro come ti comporti?".

Mi limito a osservare rendendomi testimone degli avvenimenti più felici e più drammatici, degni di essere ricordati. E da osservatore mi rendo conto che nella necessità di scegliere è meglio, malgrado tutto, essere governati da don Abbondio piuttosto che da don Rodrigo".

"Nel frattempo...".

"La cosa che mi interessa al momento è il sogno di costruire una nuova struttura per ricevere nel mio agriturismo almeno venti persone per notte. Mi esibisco malvolentieri in pubblico, ma con l'intento di dare maggiore spazio ai miei ospiti in Sardegna farò una tournée tra gennaio e marzo. Mi impegnerò comunque al massimo, per rispetto verso il pubblico e anche perché non mi piacciono i lavori svolti in modo frettoloso e approssimativo".

"Perché non ti piacciono i concerti in pubblico?".

"La nozione stessa di spettacolo si è deteriorata; una volta lo spettacolo era un avvenimento, un fatto eccezionale. La televisione sta spettacolarizzando qualsiasi cosa, cosicché l'eccezione, il sorprendente, si dovrà riandarlo a cercare, come del resto faccio, nei luoghi più nascosti e segreti. Nella teoria di formiche che si arrampicano sulla corteccia di una quercia, nel parto di una capra, parlando con te di romanzi e racconti o ascoltando la conversazione di due contadini che parlano del tempo".

A.Gennari - Panorama 19/11/1996

Nessun commento:

il mio romanzo

Una vita e mezza
Una Vita e Mezza è un libro che parla soprattutto dell’assenza. O meglio della ricerca, tanto demotivata quanto inconsapevole, di come si può costruire una ciambella salvagente intorno a quel buco che ti si crea dentro quando perdi una persona. Cosicché quel buco, che risucchiava tutto il presente privandolo di senso, possa trasformarsi nel nostro galleggiante. E addirittura salvarci, traghettandoci verso il futuro.
È la storia di un viaggio, metaforico quanto reale, di un ragazzo che è stufo del suo galleggiare, ma che non sa dare una scossa alla propria esistenza. Così parte fidandosi e affidandosi al suo amico, sperando che qualcosa di imprevisto lo colga per assaporare un po’ di brivido della vita.
Riuscirà a trasformare il suo futuro innamorandosene anziché rimanendone schiacciato e afflitto?
Se c’è un’intenzione mirata in tutto ciò, è la creazione del neologismo che indica il dolore per il futuro mancante, la mellontalgia. In contrapposizione con la nostalgia, che indica l’afflizione per il ritorno a casa (nostos), per il passato, per l’infanzia, questa è l’afflizione per to mellon cioè l’avvenire o le cose future, in greco antico. Vuole indicare un dolore attribuito al futuro negato e non vissuto. A ciò che poteva essere e invece non sarà mai. Chissà se se ne sentiva la mancanza.