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Il Ritorno di Giuseppe






Ne Il ritorno di Giuseppe si può cogliere la fatica della vita di Giuseppe; nel suo ritorno a casa porta una bambola per Maria, e la trova implorante affetto e attenzione. 

Stelle, già dal tramonto si contendono il cielo a frotte
Luci meticolose nell'insegnarti la notte
Un asino dai passi uguali compagno del tuo ritorno
Scandisce la distanza lungo il morire del giorno
Ai tuoi occhi, il deserto, una distesa di segatura
Minuscoli frammenti della fatica della natura
Gli uomini della sabbia hanno profili da assassini
Rinchiusi nei silenzi d'una prigione senza confini

Le stelle nel deserto si contendono il cielo e fanno gara nel brillare e nell’indicarti la via. Giuseppe viaggia sul dorso un asino con passo regolare che gli scandisce il tempo. Il passo della bestia gli misura con la precisione di una bestia tra quanto tempo arriverà a Gerusalemme. Il deserto per un falegname è una distesa di segatura. Come infatti la segatura è la fatica del falegname che la toglie dal legno per inciderlo lavorando, così i granelli di sabbia sono il frutto della fatica del vento nell’erodere e modellare le rocce. Questo rende i volti di coloro che abitano il deserto asciutti, scavati, intagliati e silenziosi come assassini che vivono in questa prigione desolante e mortifera che è il deserto, che tuttavia non ha sbarre

Odore di Gerusalemme, la tua mano accarezza il disegno
D'una bambola magra intagliata del legno
"La vestirai, Maria ritornerai a quei giochi
Lasciati quando i tuoi anni erano così pochi"

Ormai è prossimo alla città, può sentire l’odore di Gerusalemme, mentre accarezza il profilo di una bambola in legno che ha fabbricato per Maria, ricordandola bambina. Convinto di poterle regalare un’infanzia decente che le è stata rubata. Ma sono passati 4 anni e Maria ormai ha 16 anni e non è più una bambina che gioca con le bambole. 

E lei volò fra le tue braccia come una rondine
E le sue dita come lacrime dal tuo ciglio alla gola
Suggerivano al viso una volta ignorato
La tenerezza d'un sorriso, un affetto quasi implorato
E lo stupore nei tuoi occhi salì dalle tue mani
Che vuote intorno alle sue spalle si colmarono ai fianchi
Della forma precisa d'una vita recente
Di quel segreto che si svela quando lievita il ventre

Quando lo vede, lei gli corre incontro e gli butta le braccia al collo, facendogli una carezza dal ciglio alla gola, passando sulle guance leggere come lacrime. Sia la carezza che lei gli fa, ma anche il volto di lei che ormai non è più bambina, implorano un bisogno di affetto da parte di Maria. E lo stupore che lui aveva negli occhi presto lo percepì anche con le mani. L’immagine quei è splendente: lui scende con le mani dalle spalle ai fianchi di Maria, ma mentre le spalle sono asciutte i fianchi sono colmi, pieni, della forma precisa di una donna incinta, del segreto che si svela quando lievita il ventre.

E a te, che cercavi il motivo d'un inganno inespresso dal volto
Lei propose l'inquieto ricordo fra i resti d'un sogno raccolto


Lui la scruta in volto per cercare di capire se lei lo ha ingannato ed è stata con un altro uomo, se è un’adultera. Ma lei le racconta che quel che vede nei suoi fianchi è solo il resto di un sogno. La canzone successiva infatti si chiama Il Sogno di Maria.







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il mio romanzo

Una vita e mezza
Una Vita e Mezza è un libro che parla soprattutto dell’assenza. O meglio della ricerca, tanto demotivata quanto inconsapevole, di come si può costruire una ciambella salvagente intorno a quel buco che ti si crea dentro quando perdi una persona. Cosicché quel buco, che risucchiava tutto il presente privandolo di senso, possa trasformarsi nel nostro galleggiante. E addirittura salvarci, traghettandoci verso il futuro.
È la storia di un viaggio, metaforico quanto reale, di un ragazzo che è stufo del suo galleggiare, ma che non sa dare una scossa alla propria esistenza. Così parte fidandosi e affidandosi al suo amico, sperando che qualcosa di imprevisto lo colga per assaporare un po’ di brivido della vita.
Riuscirà a trasformare il suo futuro innamorandosene anziché rimanendone schiacciato e afflitto?
Se c’è un’intenzione mirata in tutto ciò, è la creazione del neologismo che indica il dolore per il futuro mancante, la mellontalgia. In contrapposizione con la nostalgia, che indica l’afflizione per il ritorno a casa (nostos), per il passato, per l’infanzia, questa è l’afflizione per to mellon cioè l’avvenire o le cose future, in greco antico. Vuole indicare un dolore attribuito al futuro negato e non vissuto. A ciò che poteva essere e invece non sarà mai. Chissà se se ne sentiva la mancanza.