cerca i commenti ai testi

A - B - C - D - E - F - G - H - I - J - K - L - M - N- O - P - Q - R - S - T - U - V - Z

Maria nella Bottega d'un Falegname






Qui comincia il lato B del disco e c’è un momento di pausa necessario. D’altronde sono passati 33 anni perché da una parte all’altra del disco si passa dal momento della nascita a quello della crocifissione. Le ambientazioni quindi sono diversissime.
I protagonisti dei successivi tre brani saranno dei quadretti di straordinaria poesia. Maria nella bottega d'un falegname è il nome del primo pezzo del secondo lato. Parlano Maria, il falegname e il coro del popolo. Ancora una volta la figura di Cristo resta in disparte, solamente citata. Il ritmo dato dalla pialla e dal martello scandiscono il dolore straziante.

"Falegname col martello perché fai den den?
Con la pialla su quel legno perché fai fren fren?
Costruisci le stampelle per chi in guerra andò,
Dalla Nubia sulle mani a casa ritornò?"

Maria chiede al falegname per chi stia lavorando così alacremente. Forse per chi ha perso le gambe in guerra nella Nubia ed è quindi tornato sulle mani?

"Mio martello non colpisce, pialla mia non taglia
Per foggiare gambe nuove a chi le offrì in battaglia
Ma tre croci, due per chi disertò per rubare
La più grande per chi guerra insegnò a disertare"

E il falegname risponde che no, non sta facendo stampelle per chi ha perso le gambe in guerra. Ma tre croci su verranno messi a morte tre uomini. Due per chi ha disertato la guerra, per rubare. E la più grande di queste tre croci, per chi ha insegnato a disertare la guerra, ovvero il Cristo.

"Alle tempie addormentate di questa città
Pulsa il cuore di un martello, quando smetterà?
Falegname, su quel legno quanti corpi ormai
Quanto ancora con la pialla lo assottiglierai?"

Alla sofferenza di Maria e a quella del falegname si aggiunge quello di tutta la città. Per quanto ancora le coscienze dovranno sentire pulsare in testa questo rumore di martello e di pialla che lavora?

"Alle piaghe, alle ferite che sul legno fai
Falegname su quei tagli manca il sangue, ormai
Perché spieghino da soli con le loro voci
Quali volti sbiancheranno sopra le tue croci"

Torna a parlare Maria, in perfetta simmetria stilistica alla quarta quartina in rima baciata. Paragona le ferite fatte sul legno dal falegname a quelle di chi porterà le croci. Ha capito tutto Maria, su quella croce morirà suo figlio, manca solo il sangue a testimonianza che sarà Cristo a sbiancare, a morire su quella croce.

"Questi ceppi che han portato perché il mio sudore
Li trasformi nell'immagine di tre dolori
Vedran lacrime di Dimaco e di Tito al ciglio
Il più grande che tu guardi abbraccerà tuo figlio"

Il falegname conferma la certezza di Maria. Questi ceppi, questi legni che mi hanno portato perché io li trasformassi in croci e strumento di dolore e morte, vedranno le lacrime di Dimaco e Tito (i nomi dei due ladroni) ai lati, al ciglio. Il più grande di questi ceppi, nuovamente, abbraccerà tuo figlio Gesù.

"Dalla strada alla montagna sale il tuo den den
Ogni valle di Giordania impara il tuo fren fren
Qualche gruppo di dolore muove il passo inquieto
Altri aspettan di far bere a quelle seti aceto"


Infine è nuovamente il coro a parlare nell’ultima quartina: il rumore del tuo lavoro arriva in tutte le valli della Giordania. Qualcuno addolorato si muove con inquietudine, per non essere riconosciuto come amico di Gesù, mentre altri non vedono l’ora di vederlo morto, di fargli bere l’aceto quando avrà sete portandola croce.






Nessun commento:

il mio romanzo

Una vita e mezza
Una Vita e Mezza è un libro che parla soprattutto dell’assenza. O meglio della ricerca, tanto demotivata quanto inconsapevole, di come si può costruire una ciambella salvagente intorno a quel buco che ti si crea dentro quando perdi una persona. Cosicché quel buco, che risucchiava tutto il presente privandolo di senso, possa trasformarsi nel nostro galleggiante. E addirittura salvarci, traghettandoci verso il futuro.
È la storia di un viaggio, metaforico quanto reale, di un ragazzo che è stufo del suo galleggiare, ma che non sa dare una scossa alla propria esistenza. Così parte fidandosi e affidandosi al suo amico, sperando che qualcosa di imprevisto lo colga per assaporare un po’ di brivido della vita.
Riuscirà a trasformare il suo futuro innamorandosene anziché rimanendone schiacciato e afflitto?
Se c’è un’intenzione mirata in tutto ciò, è la creazione del neologismo che indica il dolore per il futuro mancante, la mellontalgia. In contrapposizione con la nostalgia, che indica l’afflizione per il ritorno a casa (nostos), per il passato, per l’infanzia, questa è l’afflizione per to mellon cioè l’avvenire o le cose future, in greco antico. Vuole indicare un dolore attribuito al futuro negato e non vissuto. A ciò che poteva essere e invece non sarà mai. Chissà se se ne sentiva la mancanza.