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Via della Croce







La successiva Via della Croce è, se possibile, poeticamente ancora più complessa e perfetta. Ci sono tre quartine in cui parlano i padri dei neonati massacrati da Erode mentre cercava Gesù, che non vedono l’ora di vederlo morto. 

"Poterti smembrare coi denti e le mani,
sapere i tuoi occhi bevuti dai cani,
di morire in croce puoi essere grato
a un brav'uomo di nome Pilato."

Questo gli dicono mentre trascina la croce

Ben più della morte che oggi ti vuole,
t'uccide il veleno di queste parole:
le voci dei padri di quei neonati,
da Erode per te trucidati.

Ed è ciò che più ferisce Gesù. Non gli insulti, ma sapere che molti neonati sono stati trucidati a causa sua, tutti i figli strappati ai padri e massacrati da Erode

Nel lugubre scherno degli abiti nuovi
misurano a gocce il dolore che provi;
trent'anni hanno atteso col fegato in mano,
i rantoli d'un ciarlatano.

Questi padri misurano con le gocce del suo sangue sugli abiti nuovi il dolore che Cristo prova. Ed hanno atteso 33 anni questa vendetta che infine arriva, hanno atteso 33 anni che Cristo il ciarlatano rantolasse sotto le fruste e il peso della giustizia. 
Nelle seconde tre quartine ci sono le donne. Fanno sempre parte del popolo, ma sono più indulgenti degli uomini

Si muovono curve le vedove in testa,
per loro non è un pomeriggio di festa;
si serran le vesti sugli occhi e sul cuore
ma filtra dai veli il dolore:

In testa al corteo della via crucis ci sono le vedove. Spesso puttane. Le diseredate. Le preferite da Cristo. E per loro non è un giorno di festa come per i padri dei neonati, si coprono anzi gli occhi e il cuore con le vesti, ma il dolore è troppo e si vede lo stesso 

fedeli umiliate da un credo inumano
che le volle schiave già prima di Abramo,
con riconoscenza ora soffron la pena
di chi perdonò a Maddalena,

giudee umiliate dalla propria religione, che le ha sempre viste schiave, già prima della legge giudaica in realtà. Anche solo per riconoscenza per chi le ha perdonate, per chi ha perdonato e salvato anche la prostituta Maddalena, soffrono insieme a Cristo

di chi con un gesto soltanto fraterno
una nuova indulgenza insegnò al Padreterno,
e guardano in alto, trafitti dal sole,
gli spasimi d'un redentore.

Chi con naturalezza e con estrema fratellanza e umiltà ha insegnato il perdono al Dio di Abramo, al Dio giudaico. Il redentore, colui che le ha redente dai loro peccati spasima e guarda verso il cielo con lo sguarda trafitto dal sole
Poi ci sono le tre quartine centrali in cui si vedono gli apostoli.

Confusi alla folla ti seguono muti,
sgomenti al pensiero che tu li saluti:
"A redimere il mondo" gli serve pensare,
“il tuo sangue può certo bastare”.

Anche gli apostoli sono tra la folla. Muti, nascosti. Hanno paura che il Cristo li guardi e li saluti, che possano essere riconosciuti come i suoi seguaci dalle guardie. Si dicono che a salvare il mondo certamente basta il sangue del Cristo e non il loro

La semineranno per mare e per terra
tra boschi e città la tua buona novella,
ma questo domani, con fede migliore,
stasera è più forte il terrore.

Spargeranno la voce, divulgheranno ed evangelizzeranno il mondo. Ma domani, con una fede miglio, non stasera che la paura di essere riconosciuta è più forte.

Nessuno di loro ti grida un addio
per esser scoperto cugino di Dio:
gli apostoli han chiuso le gole alla voce,
fratello che sanguini in croce.

Nessuno rivolge la parola a Cristo, nessuno urla a lui un addio per la paura di essere scoperto. La voce non esce dalle loro gole per il loro fratello che sanguina.
Tre quartine ancora, le più importanti. Il ritmo cambia e sono dedicate al potere che sta mandando a morte il Cristo. 

Han volti distesi, già inclini al perdono,
ormai che han veduto il tuo sangue di uomo
fregiarti le membra di rivoli viola,
incapace di nuocere ancora.

De André qui descrive tutto il suo disprezzo per il potere costituito. Per gli uomini di potere e soprattutto per il potere. Ormai hanno volti distesi, ora che vedendo il tuo sangue che cola sul tuo corpo e sanno che non sei più pericoloso, che non puoi più togliergli il potere sobillando il popolo e gli ultimi. 

Il potere vestito d'umana sembianza,
ormai ti considera morto abbastanza
e già volge lo sguardo a spiar le intenzioni
degli umili, degli straccioni.

Per questo potere, qui vestito da uomo, ma poco conta, ormai sei già morto e non si preoccupa più di Cristo, ma vuole sapere cosa ne pensano gli straccioni, gli ultimi, i poveri a cui aveva promesso il paradiso

Ma gli occhi dei poveri piangono altrove,
non sono venuti a esibire un dolore
che alla via della croce ha proibito l'ingresso
a chi ti ama come se stesso.

Ma precauzionalmente lo spettacolo è stato chiuso a quella orda di poveri e amava Cristo in modo smisurato. Loro non sono sulla via crucis a mostrare dolore e piangere.
E infine le tre quartine dedicate ai crocefissi. O meglio ai due ladroni perché ancora una volta Cristo non parla e non è il centro dell’attenzione.

Sono pallidi al volto, scavati al torace,
non hanno la faccia di chi si compiace
dei gesti che ormai ti propone il dolore,
eppure hanno un posto d'onore.

Una descrizione fisica dei due ladroni, pallidi e scavati. Non si compiacciono anzi sono indifferenti nel vederti soffrire

Non hanno negli occhi scintille di pena.
Non sono stupiti a vederti la schiena
piegata dal legno che a stento trascini,
eppure ti stanno vicini.

Non provano pena per te e non gli fa impressione la tua schiena che sanguina per le frustate e piegata dal peso della croce. E non lo sono perché sono entrambi nella stessa situazione. E sono infatti gli unici a stare umanamente vicino a Cristo

Perdonali se non ti lasciano solo,
se sanno morir sulla croce anche loro,
a piangerli sotto non han che le madri,
in fondo, son solo due ladri.


Perdonali, dice il cantautore rivolto a Cristo, se non si fanno da parte e non ti lasciano la scena, se anche loro sanno morire sulla croce come te e soffrire come te. Loro hanno solo la propria madre che guarderà questo spettacolo, a differenze tua che sei il centro dell’azione, che tutti sono qui per te.






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il mio romanzo

Una vita e mezza
Una Vita e Mezza è un libro che parla soprattutto dell’assenza. O meglio della ricerca, tanto demotivata quanto inconsapevole, di come si può costruire una ciambella salvagente intorno a quel buco che ti si crea dentro quando perdi una persona. Cosicché quel buco, che risucchiava tutto il presente privandolo di senso, possa trasformarsi nel nostro galleggiante. E addirittura salvarci, traghettandoci verso il futuro.
È la storia di un viaggio, metaforico quanto reale, di un ragazzo che è stufo del suo galleggiare, ma che non sa dare una scossa alla propria esistenza. Così parte fidandosi e affidandosi al suo amico, sperando che qualcosa di imprevisto lo colga per assaporare un po’ di brivido della vita.
Riuscirà a trasformare il suo futuro innamorandosene anziché rimanendone schiacciato e afflitto?
Se c’è un’intenzione mirata in tutto ciò, è la creazione del neologismo che indica il dolore per il futuro mancante, la mellontalgia. In contrapposizione con la nostalgia, che indica l’afflizione per il ritorno a casa (nostos), per il passato, per l’infanzia, questa è l’afflizione per to mellon cioè l’avvenire o le cose future, in greco antico. Vuole indicare un dolore attribuito al futuro negato e non vissuto. A ciò che poteva essere e invece non sarà mai. Chissà se se ne sentiva la mancanza.