cerca i commenti ai testi

A - B - C - D - E - F - G - H - I - J - K - L - M - N- O - P - Q - R - S - T - U - V - Z

Oceano


Secondo me Oceano parla dei poeti disprezzati, in questo caso dei cantanti...





"quanti cavalli hai tu seduto alla porta"

Il poeta/cantante è sulla porta, probabilmente assorto, ed è apostrofato da qualcuno a cui la sua professione non va a genio. L'uomo che critica si rivolge al poeta che è "seduto alla porta", quindi secondo l'interlocutore nell'ozio più totale, e gli chiede "quanti cavalli hai", cioè quali sono le tue ricchezze, di cosa vivi... quest'uomo è materialista, completamente diverso dal poeta = sognatore.
"tu che sfiori il cielo col tuo dito più corto"

Di solito si dice "toccare il cielo con un dito"...è chiaro che sfiorarlo con il mignolo vuol dire essere tanto felici...l'uomo sembra quasi chiedere quindi al poeta " ma cos'hai da esser così felice, fannullone"

"la notte non ha bisogno
la notte fa benissimo a meno del tuo concerto
ti offenderesti se qualcuno ti chiamasse "un tentativo
""


il concerto notturno per eccellenza è quello dei grilli e delle cicale...il poeta viene di nuovo apostrofato quale nullafacente, fannullone ( la cicala e la formica),
un vero e proprio 'tentativo', cioè un'opera mal riuscita, un 'aborto' ( in poche parole non hai 'cavalli, non produci, come puoi servire alla società??)

ed arrivò un bambino con le mani in tasca
ed un oceano verde dietro alle spalle
disse "vorrei sapere quanto è grande il verde
come è bello il mare quanto è dura una stanza,
è troppo tempo che guardo il sole e mi ha fatto male"


e qua arriva un bambino al'improvviso, che cammina con le mani in tasca, e come tutti i bambini pieno di fantasia...ha addirittura un 'oceano verde dietro le spalle'...secondo me il bambino arriva e interrompe, senza volerlo la conversazione, per poi sparire nuovamente. Il bambino, con le sue domande, i suoi perchè, il suo bisogno di conoscere e scoprire, è l'animo che più si avvicina a quello del poeta. Perchè in fondo i poeti sono come i bambini, curiosi ("ero molto più curioso di voi", Amico Fragile), un po'nel loro mondo personale...

"prova a lasciare le campane al loro cerchio di rondini
e non ficcare il naso negli affari miei"


ora è il poeta che risponde a chi lo criticava. Dice "prova a lasciare le campane al loro cerchio di rondini" cioè non sputare sentenze...le campane infatti soprattutto in passato era ciò che scandiva la vita di un Paese, dalle ore, alla messa, alle chiamate....inolre si è soliti parlare delle opinione altrui "ascoltando l'altra campana"

"e non venirmi a dire "preferisco un poeta, preferisco un poeta ad un poeta sconfitto"
ma se ci tieni tanto puoi baciarmi ogni volta che vuoi"


sempre il poeta dice a chi lo criticava di lasciar perdere, di lasciarlo in pace, di non star e a distinguere tra grandi poeti e poeti falliti (i poeti son pur sempre poeti)...senza contare la banalità della critica...
e conclude ironicamente, secondo me, dicendo che se però questo 'moralizzatore' ha ancora del tempo da perdere, può baciarlo quando vuole...cioè se proprio hai bisogno di avere a che fare con me per dare un senso alla tua giornata abbracciami, elogiami, complimentati ma non perdere tempo nella critica, perchè non mi toccherebbe.
Del resto, i poeti sono una categoria a parte...




AVVERTENZA
l'ho trovata pubblicata in un sito su faber: l'autore è Diego Curreli ed è molto molto ben fatta!

15 commenti:

Anonimo ha detto...

veramente oceano non è altro che la risposta della canzone ALICE, di francesco de gregori, da parte dello stesso de gregori e da fabrizio de andrè al piccolo figlio cristiano. il bambino con le mani in tasca è cristiano, è troppo tempo che guardo il sole è un ironico riporto ai gatti che guardano il sole. sei bravo come ciarlatano, a parafrasare inventando, ma prima di rovinare la poesia di un grande conterei fino a 10 e farei un bel respiro. senza rancore, 21ottobre1993, raffaele

Anonimo ha detto...

infatti fa parte di "volume 8" che è un album scritto da de gregori e de andrè in sardegna. cristiano con la madre dori ghezzi andò a trovare il padre e francesco. Dori tra l'altro fece le carte a de gregori dopo una sua (di francesco) delusione amorosa e da li nasce "chi mi ha fatto le carte mi ha chiamato vincente" spero che tu non abbia parafrasatp anche quella.
21ottobre1993, raffaele

Marco Lucci ha detto...

caro il mio maleducato amico, che senza rancore dà del ciarlatano, dovresti imparare a capire il mondo che ti circonda prima di poter essere autorizzato ad scrivere in pubblico. Ovvero mettere meno spocchia nelle tue parole.
Partendo dal presupposto che ritengo questa una bella parafrasi, vorrei farti qualche appunto.
1- nella poesia al contrario della scienza ci possono essere più livelli interpretativi ed essere tutti giusti.
2- tu narri un fatto vero (lo racconta Cristiano ai concerti, è evidente che sia così) che dà probabilmente uno spunto alla storia ma che nulla ha a che fare con la canzone. A meno che non immaginiamo degregori e deandré che si mettono a tavolino per studiare una "risposta ad Alice" (nn si capisce poi perché) mentre chiedono a cristiano di fare dentro e fuori della stanza inventando domande finché non gli viene l'ispirazione.
Credo sia molto più probabile che tutto ciò sia accaduto per caso e che possa esserci il riferimento ironico ad Alice senza per questo essere contraddetto tutto il senso della 'perifrasi'. Io credo che cristiano abbia stressato degregori con domande su alice e il suo significato mentre stavano scrivendo, ma questo è un simpatico riferimento. Non credo per altro che Alice abbia bisogno di risposte (dallo stesso autore peraltro). Non credo inoltre che degregori giochi a farsi i dissing come fabri fibra e grido.
3- hai beccato proprio un testo di quelli che non ho parafrasato io.
4- comunque questo blog non ha pretesa di diventare libro di letteratura e non mi elevo a professore. E' un blog di qualcuno che scrive ciò che la canzone di deandré gli ha fatto pensare. Se ti senti tanto al di sopra e tutto ciò non ti serve, va a pensare da un altra parte. Senza rancore.

Pilar ha detto...

Complimenti Marco Lucci, nonostante la vagonata di ignoranza (nel senso della peggiore delle maleducazioni) arrivata con i commenti, sei riuscito a restare educato e civile.
Comunque mi trovo d'accordo con te, esiste il rimando alla canzone di de Gregori, ma vedo difficile vedere i due poeti messi a tavolino esclusivamente per trovare una "risposta" concreta ad una domanda di Cristiano.
Grazie per le delucidazioni.

Anonimo ha detto...

Mi piace molto questa interpretazione. Ma lo sapete che un poeta quando scrive ci stimola proprio a questo? A interpretarlo, ad aprire la nostra mente e il nostro sentire per leggere al di là delle parole. Non a de-finirlo cioè porre dei limiti alla fantasia di chi legge o scrive.

Anonimo ha detto...

Ottima analisi :) bravo!
Questi sono gli stronzetti che amano idolatrare de andrè con giudizi pretenziosi, come fosse un dio (de andrè stesso li avrebbe odiati.)
La tua analisi è perfetta :)

Fabrizio sorride da lassù

Anonimo ha detto...

Forse andando addirittura oltre, questo bambino che ha guardato per troppo tempo il sole, rappresenta un bambino "cieco" e che quindi ha bisogno delle parole e della sensibilita' del poeta per capire e immaginare la meraviglia del mondo.

Corrado ha detto...

L'interpretazione che viene data è secondo me molto sensata. Grazie per averla inserita anome di tutti coloro che amano l'opera di Fabrizio.

Anonimo ha detto...

Ma non è vero ciò che hai scritto! In una nota intervista, De Gregori racconterà che la canzone spiega il testo di ALICE ed il bambino è il figlio di De Andrè. Perchè inventare? non si riferisce ai poeti o ai cantautori in senso stretto. Ora non voglio riportare tutta la VERA spiegazione del testo, la potrai vedere da te, ma non è nulla o quasi di ciò che hai scritto tu (Alcune cose si). Ciao ;)

Unknown ha detto...

..a parte il fatto che per me resta il dubbio se il testo della canzone dice.."con le mani il tasca, o in pasta"

Unknown ha detto...

La parafrasi é una cosa molto particolare, non possiamo sapere cosa avessero intenzione di dire realmente de André e de Gregori. Credo però che questa visone è carina. La parte del bambino io l'ho vista come Cristiano che, come dici nella parafrasi, li arriva e interrompe la discussione facendo domande su Alice alle quali forse neanche Francesco ha una risposta. Domande senza risposta come "quanto è grande il verde" o "quanto dura una stanza". Allora Francesco lo mette nella canzone per fargli capire che alcune domande non hanno risposte e che forse a guardare troppo il sole (cercare delle risposte) ci si fa male.

Praticamente Frencesco e Fabrizio dicono di non parafrasare o almeno non dare risposte a domande di cui non si sa una risposta. Quello che ho fatto io. Mi sto contradicendo, ma si sa, "I poeti che brutte creature".
Dovrei eliminare il commento ma lo pubblico ugualmente.

Auguri da un quindicenne appassionato dei due cantautori sopra citati. (Scrivo quindicenne perché così mi arrivano un sacco di commenti del tipo: "che bravo, non ascolti la musica orribile dei tuoi coetanei" o "una speranza per il futuro". Grazie per essere arrivati in fondo! Ciao

Unknown ha detto...

Andò a trovare il padre e francesco con la madre punny è non dory, e la stessa gli fece appunto le carte.

Michele ha detto...

Grazie. Ho fatto una ricerca Google perché da solo proprio non ce la facevo a decodificare questa canzone, che a posteriori sento essere "degregoriana" anche nella musica (dà sensazioni affini a La Casa di Hilde).

Bel blog!

Unknown ha detto...

Lasciare le campane al loro cerchio di rondini, altro non è che.... lasciare le cose così come stanno, nel modo più naturale possibile. Sono nato a fine anni '50 e vedere le rondini volare intorno a un campanile era una consuetudine un qualcosa che non andava mai modificata perché scandiva la normalità alla quale eravamo abituati. Questa è la risposta a Cristiano Cristiano bambino .... di provare, una volta tanto, a lasciare le cose così come sono.

Unknown ha detto...

Chi a scritto questo commento su "Oceano" credo che non capisce e non ha mai capito niente su Fabrizio De André.

il mio romanzo

Una vita e mezza
Una Vita e Mezza è un libro che parla soprattutto dell’assenza. O meglio della ricerca, tanto demotivata quanto inconsapevole, di come si può costruire una ciambella salvagente intorno a quel buco che ti si crea dentro quando perdi una persona. Cosicché quel buco, che risucchiava tutto il presente privandolo di senso, possa trasformarsi nel nostro galleggiante. E addirittura salvarci, traghettandoci verso il futuro.
È la storia di un viaggio, metaforico quanto reale, di un ragazzo che è stufo del suo galleggiare, ma che non sa dare una scossa alla propria esistenza. Così parte fidandosi e affidandosi al suo amico, sperando che qualcosa di imprevisto lo colga per assaporare un po’ di brivido della vita.
Riuscirà a trasformare il suo futuro innamorandosene anziché rimanendone schiacciato e afflitto?
Se c’è un’intenzione mirata in tutto ciò, è la creazione del neologismo che indica il dolore per il futuro mancante, la mellontalgia. In contrapposizione con la nostalgia, che indica l’afflizione per il ritorno a casa (nostos), per il passato, per l’infanzia, questa è l’afflizione per to mellon cioè l’avvenire o le cose future, in greco antico. Vuole indicare un dolore attribuito al futuro negato e non vissuto. A ciò che poteva essere e invece non sarà mai. Chissà se se ne sentiva la mancanza.